
“Collocare la storia locale in relazione alla storia italiana, europea, mondiale” è tra gli obiettivi di apprendimento che Stato promuove in tutte le scuole secondarie inferiori “dall’Alpi a Sicilia”. Nell’ordinamento scolastico italiano, quindi, le vicissitudini del Friuli non sono affatto argomento secondario e facoltativo, solamente per coloro che optano per l’insegnamento della “marilenghe” in classe, bensì uno dei quattro cardini della formazione in materia storica. La storia friulana, poi, notoriamente è storia di frontiera, internazionale, ponte tra Italia, resto d’Europa e non solamente, per cui si presta in particolare alla formazione di una prospettiva che dal locale proficuamente si apre al globale. Da qui il significato importante delle celebrazioni scolastiche “spontanee” della Festa della Patria del Friuli, svoltesi alla quarta ora di mercoledì 3 aprile 2019, nel cortile della Scuola Secondaria di Primo Grado “Egidio Feruglio”, a Feletto Umberto, celebrazioni promosse dal prof. Daniele Fachin ed organizzate del prof. Alberto Travain in collaborazione con i colleghi prof.ssa Laura Bizzozero, prof.ssa Ariella Cuffaro, prof.ssa Antonella Ellero, prof.ssa Michela Gani, prof.ssa Sara Mansutti, prof.ssa Bettina Mariotti, prof.ssa Monica Pecile, prof. Antonio Tomè, prof. Matteo Vidon, prof.ssa Paola Viezzi, prof. Marco Zamò e prof. Fabrizio Zelco, iniziativa che ha mobilitato le Classi Prime A-B-C-H e Seconde A-B-C, con entusiasmo e soddisfazione. Le celebrazioni si sono aperte con la solenne lettura di uno stralcio – in originale latino e in traduzione friulana e italiana – del diploma imperiale del 3 aprile 1077, costitutivo dello Stato autonomo medievale della Patria del Friuli, straordinaria culla di repubblicanesimo applicato all’antica Europa feudale, lettura affidata agli alunni Ivan Bazzan, Federica Feruglio e Beatrice Scridel, della Classe 1^C. Appassionata, vibrante, l’orazione commemorativa in friulano, tenuta dall’alunno Paolo Cescutti, di 2^B, che ha ricordato come in quello Stato medievale i friulani abbiano saputo trasformare il loro principe, ossia il Patriarca di Aquileia, in una sorta di presidente della repubblica del territorio. Tre alunni di 2^A, Francesco Buzzi, Matteo Clignon e Amedeo Francesco Tonello, hanno volontariamente proposto tre stralci della celeberrima “Prejera”, tratta dai “Turcs tal Friul” di Pier Paolo Pasolini, estremo appello al Cielo rivolto da un figlio del Friuli, terra martire di tante invasioni e calamità. Sono risuonate anche le universali parole del capo amerindo Seattle, richiamo al rispetto del paesaggio inteso come memoria dei trapassati e delle vicende di ogni territorio, sagge parole declamate in inglese, italiano, friulano e cinese, ossia nella lingua di prima trascrizione, in quella dello Stato, in quella propria del Friuli e in uno degli idiomi di famiglia degli alunni: il tutto proposto, rispettivamente, degli scolari Davide Labella, Arianna Canci, Kristian Kastrati e Yang Liu, della Classe 1^H. È stata, poi, la volta, della 2^C, per la quale gli studenti Letizia Mosco, Kevin Revello, Jacopo Schneider e Maria Stepich, redattori del nuovo giornalino di cultura civica della classe “Anche noi parliamo!”, promosso dal prof. Travain, hanno presentato la loro iniziativa d’informazione socioculturale, distribuendo a tutti i convenuti copia del foglio fresco di stampa. Il prof. Zelco ha, poi, consegnato una bandiera friulana ai suoi alunni Matteo Le Grazie e Kevin Sodano, di 1^B, apprezzati araldi della “marilenghe” nella loro classe. Il prof. Travain ha, invece, indirizzato a cinque sue scolaresche una poetica lettera in friulano e italiano, nella quale ha spiegato le motivazioni del suo rimandare a fine anno scolastico l’impegnativo dono dell’insegna aquileiese, giunta proprio quest’anno al compimento di ventidue secoli. Eccone il testo bilingue, sintesi dei contenuti e delle emozioni più profonde suscitate da quella fondamentale ricorrenza friulana.
“Cjaris classis di scuele, o vevi chê, vuê, di regalâus un blec di chel cîl turchin, passât di une acuile indorade dal soreli, che, daûr des liendis, za fa 2200 agns, e varès saludât il pont de fondazion di Aquilee chê romane, mari e regjine di civiltât e unitât dai popui te crosere de Europe e su rivis contrariis dal Mediterani. Ai 3 di Avrîl 1077, chel blec di cîl al podè deventâ la biele bandiere di un Stât furlan autonim, no dome farie de particolâr culture dal puest, ma ancje scune dal prin parlament politic dal Continent e cûr di une piçule union europeane, che, ai timps, e jere sot dai Patriarcjis di Aquilee. O vevi, vuê, chê di fâus chel regâl, par mût di impegnâus a vuardeâ chei principis grancj di unitât te diference e rezisi di bessôi, che chestis storiis lontanis a insegnin ancje te vite des vuestris classis. O vevi chê, ma o ai decidût contrari. Une bandiere, imbombade di storie, che, jù pai secui, ancje si à batût e si è muarts par jê, prin di dut si à di capîle e mertâle. E, po ben, ce fasêso, voaltris, par mertâle? Ce fasêso, voaltris, par meti in pratiche i siei grancj principis? O ai scrit di unitât te diference. Ce fasêso, voaltris, par unî lis singulis vuestris classis ancje invalorint lis diferencis chês positivis di ogni vuestri compagn? O ai scrit ancje di rezisi di bessôi. Ce fasêso, voaltris, par mostrâsi autonims e di iniziative tal puartâ indevant vite e voris di classe? A ce pont sono, alore, chês ‘republichis studentescjis’ che o vevis di instradâlis cun me? Chê di vuê e je une fieste de storie e de culture dal nestri teritori. Trop i volêso ben, voaltris? Trop lu cognossêso, trop lu difindêso, chel teritori, voaltris? Trop ur volêso ben a chê storie e a chê culture, voaltris? Trop volaressiso sintîsi furlans, cûr de Europa e “piçul ristret dal marimont”, purpûr tal rispiet di cetantis origjinis des vuestris fameis, anzit propit par chel? O sai che in mieç di voaltris a son ancje biei esemplis. Lu sai e un tant, dal sigûr, lu presei. O trati, però, di spietâ, cumò, i 6 di Jugn, inovâl di ricuart dal grant vieli forest, il patriarcje Bertrand de Saint Geniès, che tal 1350 al sacrificà la sô vite pal ben comun dal so popul o ben dai popui di Aquilee. O decidarai, a fin dal an scolastic, alore, se o vês pardabon mertade chê bandiere: se al è di infidâsi di voaltris tant che vuardians e menadôrs bande l’avignî des memoriis di chês antigaiis che a fasin nobil il teritori che ogni dì lu cjalcjais. Vive il Friûl, cûr di umanitât e di civiltât!”
“Carissime scolaresche, avevo intenzione, oggi, di donarvi un ritaglio di quel cielo azzurro, solcato da un’aquila dorata dal sole, che, secondo un mito, avrebbe, 2200 anni fa, salutato il momento della fondazione di Aquileia romana, madre e regina di civiltà e di unità dei popoli al crocevia dell’Europa e tra opposte sponde del Mediterraneo. Il 3 aprile 1077, quel ritaglio di cielo poté divenire splendida bandiera di uno Stato autonomo friulano, non solo fucina della particolare cultura locale, ma culla del primo parlamento politico del Continente e cuore di una piccola unione europea, governata, al tempo, dai Patriarchi di Aquileia. Avevo intenzione, oggi, di farvi quel dono, per impegnarvi a custodire i grandi valori di unità nella diversità oltreché di autogestione, che queste antiche vicende insegnano anche nella vita delle vostre classi. Mia intenzione era quella. Ho deciso altrimenti. Una bandiera, carica di storia, per la quale, nel corso dei secoli, anche si lottò e si morì, deve innanzitutto essere capita e meritata. Ebbene, che fate, voi, per meritarla? Che fate, voi, per interpretarne i grandi valori? Ho scritto di unità nella diversità. Che fate, voi, per unire le singole vostre classi valorizzando le diversità positive di ciascun compagno? Ho scritto anche di autogestione. Che fate, voi, per dimostrare di essere autonomi e propositivi nel gestire la vita e le attività di classe? A che punto sono quelle ‘repubbliche studentesche’ che dovevate avviare con me? Quella di oggi è una festa della storia e della cultura del nostro territorio. Quanto lo amate, conoscete, tutelate, voi, quel territorio? Quanto amate, voi, quella storia e quella cultura? Quanto vorreste sentirvi friulani, cuore d’Europa e “piccolo compendio dell’universo”, pur nel rispetto delle mille origini delle vostre famiglie, anzi proprio per quello? So che tra di voi vi sono esempi virtuosi. Lo so e senza dubbio apprezzo. Ma voglio attendere il 6 giugno prossimo, anniversario commemorativo del vecchio grande straniero, il patriarca Bertrand de Saint Geniès, che nel 1350 diede la vita per il bene comune del suo popolo ovvero dei popoli di Aquileia. Deciderò, allora, a fine anno scolastico, se davvero avete meritato quella bandiera: se c’è da fidarsi di voi come custodi e traghettatori verso il futuro delle memorie di quel passato che rende nobile il territorio che quotidianamente calcate. Viva il Friuli, cuore di umanità e civiltà!”.
A conclusione delle celebrazioni, la 1^A, ha proposto il celeberrimo canto di Arturo Zardini, “Stelutis Alpinis”, riconosciuto inno internazionale della Friulanità, che gli alunni Gioele Guitto, Riccardo Moreale e Alessandro Zalateu hanno presentato alle classi attualizzandone la lettura, assumendo il brano, dopo partecipato dibattito in classe con il prof. Travain, come intramontabile affermazione dell’immortalità degli affetti e dei sentimenti umani rinnegati dalla precarietà imperversante nell’odierna civiltà occidentale. Schierate in corte, anche le bandiere aquileiesi donate lo scorso anno dai docenti prof. Fachin e prof. Travain alle scolaresche delle allora Classi 1^B e 2^A, insegne rispettivamente rette dai “vessilliferi” studenteschi Paolo Cescutti e Simone Mastronardi, che si sono inchinate, in segno di omaggio, quando le scolaresche, insieme ai loro insegnanti, hanno intonato lo struggente canto, simbolo di una civiltà friulana fedele interprete di valori antichi, universali ed attuali più che mai.
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